CRISI E SOCIETA’

La crisi e i suoi effetti continuano a tenere banco sulle testate diocesane. “La crisi economica – ricorda Emmaus (Macerata) – mette in ginocchio interi Paesi e riduce in povertà anche quelli che si ritenevano fortunati. Pure in Europa e in Italia la spesa alimentare è pesante, anche se in proporzioni diverse, per le famiglie più povere, come documentato nell’annuale Rapporto Caritas”. Oggi, afferma Corrado Avagnina, direttore dell’Unione Monregalese (Mondovì) e della Fedeltà (Fossano), “ritroviamo un numero crescente di poveri in mezzo a noi, dietro l’angolo, nella porta accanto magari senza tanto clamore ma con tanto affanno. Torna d’attualità l’aiuto da mettere in pista, giorno dopo giorno, in una prossimità tutta da riscoprire, e alla portata di tutti, basta avere un po’ di avvertenza, un po’ di cuore e un po’ d’intraprendenza. (…) È il tempo del realismo, in cui inserire segnali di speranza, che partono dal basso, cioè da coloro che non si arrendono all’andazzo e che non si voltano dall’altra parte”. Don Francesco de Lucia, direttore della Caritas della diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, in un editoriale per il settimanale diocesano Luce e Vita chiede d’”introdurre progressivamente nuovi stili di vita, condividerli e pianificarli con adolescenti e giovani, perché sono loro il futuro”. Per Toscana Oggi (settimanale regionale – l’editoriale è a firma di Alessandro Martini, direttore della Caritas diocesana di Firenze), “è urgente, a partire dalla comunità cristiana, attivare occasioni di conoscenza, di approfondimento e di attenzione nel segno di positive condivisioni per sostenere con ogni sforzo tutte le situazioni di fragilità”. Paolo Busto, direttore della Vita Casalese (Casale Monferrato), si sofferma su “un’altra forma di povertà” che fa parte della “nostra cultura” e della “nostra società”: l’aborto. “A Casale – fa sapere Busto – la giornata degli aborti all’Ospedale è il mercoledì e vengono anche dall’esterno i medici non obiettori. Pur essendo i dati riservati, si sa che ogni settimana dalle 4 alle 6 piccole vite vengono spente. Circa 250 in un anno, non tutti del nostro territorio per la volontà di non far sapere. E da Casale c’è chi va in altri ospedali. E sono tanti, quasi come i bambini nati a Casale”.

 
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