CRISI E SOCIETA’

La crisi e i suoi effetti continuano a tenere banco sulle testate diocesane. Per Corrado Avagnina, direttore dell’Unione Monregalese (Mondovì) e della Fedeltà (Fossano), “la consapevolezza che nulla (o quasi) sarà più come ieri pungola a ripensare il nostro stare insieme, umanamente, socialmente, cristianamente. Abbiamo di meno e dobbiamo aiutarci di più: sembra il paradosso di questo tempo strano. Ovvio che, se così stanno le cose, c’è da invocare seccamente un esame di coscienza perché nessuno faccia la sua strada senza curarsi di sprechi consolidati… E la solidarietà deve poter contare anche su un contesto in cui nessuno fa il furbo o il nababbo”. Bonifacio Mariani, direttore del Nuovo Amico del Popolo (Chieti-Vasto), denuncia la mancanza di “opportunità” lavorative soprattutto per i giovani. “Non è corretto – dice Mariani – nascondersi dietro le analisi statistiche, che parlano di precari, di scoraggiati, d’inoccupati. Anche questo è un motivo per riflettere, per fare mentalità, adattare i comportamenti sociali, la solidarietà, la voglia e lo sforzo di superare questo gorgo che inghiotte (…). Un motivo per modificare i comportamenti di tutti, di ogni giorno. Un motivo per… pregare”. Per la Difesa del Popolo (Padova) gli ultimi dati di Confindustria, che attestano il calo dell’occupazione, e dell’Istat, che segnalano l’aggravarsi della disoccupazione giovanile, “ribadiscono, se mai ce ne fosse bisogno, l’urgenza di trovare un’intesa tra governo, regioni e parti sociali che ponga l’occupazione al centro delle azioni di politica del lavoro. Verificando anche nei fatti alcune ipotesi probabilmente infondate, come quella che l’aumento della precarietà faccia crescere i posti di lavoro”. Il Momento (Forlì-Bertinoro) commenta, invece, la recente raccomandazione del Fondo monetario internazionale: “Se la vita media nel 2050 si allungherà di 3 anni in più di quanto previsto oggi, il già ampio costo dell’invecchiamento della popolazione aumenterà del 50% (…) Invitiamo pertanto gli Stati ad affrontare per tempo la questione”. Una “raccomandazione premurosa”, la definisce il settimanale, che non “brilla in galateo” e che rischia di “far sentire in colpa noi e i nostri figli per essere venuti al mondo”.
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