CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE
CARDINALE BAGNASCO: “VORREMMO CHE L’ITALIA SI ACCORGESSE CHE STA ACCADENDO QUALCOSA”. IL PAPA “E’ CON NOI”

“Vorremmo che l’Italia si accorgesse che sta accadendo qualcosa nel suo grembo, qualcosa di vero e di bello che la riguarda da vicino”. È un passaggio dell’omelia del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, presidente della Cei e inviato speciale del Papa, nella Messa che ha aperto ieri sera, 15 settembre, a Genova, in piazza Matteotti, il 26° Congresso eucaristico nazionale, sul tema: “L’Eucaristia sorgente della missione. Nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro”. “Il nostro pensiero corre al Santo Padre Francesco”, ha aggiunto subito dopo: “Egli è con noi con quell’affetto caldo e paterno che tutto il mondo conosce e ricambia. Lo ringrazio per aver voluto nominare me come suo inviato speciale per questo momento tanto significativo. A lui rinnoviamo il nostro affetto filiale e la nostra pronta comunione”.
“Intendiamo annunciare che Dio non è lontano, che nessuno è orfano in questo angosciato tempo, che non siamo vagabondi senza meta, che la solitudine non è il nostro destino, che l’ingiustizia non è l’ultima parola, perché tutti abbiamo una casa che ci aspetta”. È la missione dei credenti, delineata fin dall’inizio dal cardinale, il cui primo obiettivo è portare la “luce” dell’Eucaristia “ai fratelli e alle sorelle di questo amato Paese”. “Sappiamo che – nonostante segni contrari – un anelito, un’attesa, un desiderio di senso plenario batte anche nel cuore del nostro  tempo”, la convinzione del presidente della Cei, secondo il quale “non dobbiamo aver paura dell’apparente sordità, ma lasciare che questo battito salga lentamente dall’anima dell’uomo fino a farsi ricerca e scoperta. Portare la luce; non è forse questa la missione della Chiesa? Sì, è questa, come ci sollecita costantemente il Santo Padre”.
“Siamo tutti esposti al pericolo di rallentare il passo e di assestarci in uno schema che frena l’impegno: può succedere nella vita personale come nella comunità cristiana e nella stessa società”. Il cardinale ha parlato di realismo cristiano “Come credenti, siamo qui per ritrovare una serena ansia apostolica, così da dire ovunque che Gesù è il Signore, senza preferenza di persone e senza equilibrismi di inutile prudenza”, l’invito del porporato: “Possa dimorare in noi l’ardore del seminatore del Vangelo che sparge a larghe mani senza calcoli: lo fa – potremmo dire – perfino senza criterio, rischiando di perdere la semente sulla strada, tra le pietre e tra i rovi”. La Chiesa “non è un’organizzazione, ma il Corpo di Cristo”, ha puntualizzato, e “il nostro compito non è quello di scegliere i terreni, i luoghi, le persone, le categorie: dobbiamo, piuttosto, avere il tratto largo e abbondante del braccio, e soprattutto del cuore! I criteri della missionarietà, come di ogni pastorale, sono infatti quelli delle persone”. “Il gesto instancabile del seminatore non è solo generoso – ha proseguito -: è anche sereno e pieno di fiducia”, perché “il frutto del seme non dipende da noi, ma dal seme stesso”. “Sappiamo che la semente è buona e feconda in se stessa, e questo ci rassicura”, le parole del cardinale: “Sappiamo che questo seme è la parola di Cristo: noi siamo i piccoli operai del Vangelo, gli umili braccianti della vigna, mentre Lui è il Seme e il Seminatore, colui grazie al quale il raccolto matura, quindi non secondo i nostri tempi, ma con quelli del Signore. Questa fiducia ci consente, dopo aver faticato tutto il giorno, di poter anche andare a riposare sereni: domattina usciremo di nuovo da casa, dalle nostre sicurezze, e di nuovo andremo incontro alla novità dei terreni, ad imprevisti lieti o dolorosi. Ma il nostro cuore starà nella pace, sapendo che il Signore è fedele”.
“Annunciare il Vangelo è vivere Cristo, e partecipare alla missione è vivere la Chiesa”. Il Cardinale ha fatto notare inoltre “quando si vive l’incontro con Gesù – così come si vive un rapporto d’amore – l’orizzonte cambia, il cielo è diverso, la vita prende spessore. In Lui tutto è di…

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