“CON FRANCESCO
USCIAMO DAI SOLITI SCHEMI
COMUNICHIAMO CON LA VITA”

Dall’analisi sulla corruzione alla necessità di un “Welfare di comunità”. Grande fiducia per il convegno di Firenze. Impegno ad integrare la scelta per i poveri nell’abituale presenza della Chiesa dentro la società. Otto per mille: “A fronte di un miliardo di euro o poco più, la Chiesa restituisce dieci volte tanto”. Sulle critiche al Papa “una preoccupazione a monte che non è ecclesiale, ma politica”. L’augurio che ci si possa serenamente confrontare “senza scomunicarsi a vicenda”

 
 
Il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, all’inizio del 2015, ha accolto la richiesta del Sir di sottoporsi ad una fitta serie di domande sul cammino che tutti ci attende.
 
L’anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato dominato dalla corruzione pubblica. Il Paese sembra rassegnato al peggio e soprattutto è forte la tentazione di accettare la corruzione come un dato di fatto, quasi si tratti di un elemento fondante del nostro carattere nazionale. È davvero così? E cosa può fare la comunità ecclesiale per invertire la rotta?
“La corruzione è un problema che si sviluppa in tutte le democrazie, specie quelle in cui sono più forti gli squilibri sociali. Non parliamo poi dei sistemi totalitari dove il fenomeno è imperante. Cosa rivela questo stato di cose? Un deficit di controllo ma soprattutto, in ultima analisi, di responsabilità personale. Nel nostro Paese poi ci sono delle ragioni storiche che alimentano una mentalità anti-Stato per cui sembra che rubare alla collettività e non al singolo sia meno grave. Invece si tratta di una lesione gravissima al bene comune che tiene in piedi qualsiasi comunità e richiede una capacità di riconoscersi eredi, di aver costruito grazie anche ai sacrifici di altri, e dunque una gratitudine che diventa lealtà verso il bene comune e lealtà verso chi verrà dopo. L’individualismo, appiattito su un presente da sfruttare ha fatto perdere il senso del tempo e del legame tra le generazioni. In passato il cattolicesimo italiano ha inventato, peraltro in tempi di crisi, soluzioni geniali a gravi problemi sociali ed economici. Basterebbe pensare alla fine dell’Ottocento al sistema delle banche di credito cooperativo per rendersi conto che dalla fede vissuta nascono sempre gli anticorpi a quei fenomeni di dissoluzione del collante sociale che sono il terreno di coltura della corruzione”.
 
Il tema della corruzione sembra lambire mondi sino a ieri considerati immuni e nei quali il non profit, anche di matrice cattolica, ha avuto e ha un ruolo importante. Secondo lo stile che fa di tutta l’erba un fascio, persino la Caritas è stata indebitamente associata agli scandali. Cosa può fare la Chiesa e cosa possono fare i cattolici per salvaguardare questo patrimonio civile?
“Lucrare sui poveri, l’ho già detto e qui lo ripeto, è doppiamente colpevole. Al danno del furto in sé si aggiunge anche quello di derubare chi è più debole. Quel che è successo a Roma – ma che può succedere anche altrove – è grave ed inaccettabile anche se qualcuno vorrebbe derubricarlo a un fatto non equiparabile al fenomeno mafioso. Si tratta in ogni caso di un grave tradimento della fiducia dei cittadini, e di un fenomeno che sempre più è diventato sistema, piuttosto che deviazione di singoli. Ma ciò non suggerisce di smantellare il Welfare, al contrario richiama il dovere di garantirlo e tutelarlo contro i suoi stessi interpreti quando non sono all’altezza del compito. Se si mortificasse questo ambito che ha permesso ad una società ingessata e diseguale di intercettare sacche di povertà crescenti e di offrire risposte concrete a problemi molto spinosi, sarebbe un danno incalcolabile. Pensare ad esempio che i senza-tetto dormano comunque quando la colonnina del mercurio scende sotto lo zero come in questi primi giorni dell’anno è un autoinganno. Bisogna rafforzare le reti di solidarietà, ma con il r…

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