AVVENTO-NATALE E FINE DEL MONDO

Domenica 2 dicembre è iniziato l’Avvento, “tempo dell’attesa e della speranza”, ricordano i settimanali diocesani. La Cittadella (Mantova) invita a “ripensare la dimensione dell’attesa”, “particolarmente difficile e lontana dalla sensibilità contemporanea”. Per questo “occorre il coraggio di parole, gesti e testimonianze che segnino una qualche discontinuità rispetto a questa linea di tendenza. Un coraggio non facile, ma che potrebbe aprirci prospettive di grande respiro e di rinnovata freschezza”. La Vita Picena (Ascoli Piceno) evidenzia che “la stagione dell’Avvento” si propone “come tempo del desiderio di Dio che viene, a suscitare nuovi interessi che non siano le solite cose della quotidianità sempre identica”. Secondo Bonifacio Mariani, direttore del Nuovo Amico del Popolo (Chieti-Vasto), “forse oggi dovremmo tornare al cuore del Natale, al Dio fatto uomo perché l’uomo possa diventare Dio, a quel neonato che ridesta in ciascuno di noi l’immagine e la somiglianza con Dio che niente e nessuno potrà mai cancellare”. La Guida (Cuneo) parla dell’importanza del presepio, anche se “da qualche anno alcuni insegnanti non ne parlano più, né lo allestiscono, perché offende la sensibilità dei musulmani. Ottima l’attenzione di fondo, dialogo e rispetto sono il sale della convivenza. Ma pericolosa e sbagliata la strategia. Si vuol combattere un possibile male con un sicuro male”. Sono e fanno “male” anche gli “assertori della fine del mondo prevista per il 21 dicembre”. Se ne occupa Luigi Taliani, direttore di Emmaus (Macerata), per il quale “è umiliante constatare come la nozione di fine del mondo sia stata sfruttata per incutere paura e apprensione, quando invece la fede annuncia che l’apocalisse coincide con la liberazione e la nuova nascita dell’universo, aperto alla comunione piena con la Trinità”. Al riguardo, Giordano Frosini, direttore della Vita (Pistoia), aggiunge che “il cristiano porta nel suo animo un segreto che colora di gioia e di speranza perfino i giorni più oscuri della propria esistenza. Già in possesso della salvezza, egli cammina con sicurezza verso il suo compimento finale, sospeso fra il ‘già’ e il ‘non ancora’: il già dell’inizio e il non ancora della fine”.

 
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