AD ANJARA PORTA SANTA APERTA A OLTRANZA

Domenica 20 novembre Papa Francesco ha celebrato la conclusione del Giubileo della Misericordia e ha chiuso la Porta Santa della basilica di san Pietro. Ma c’è una Porta santa che resterà aperta a oltranza. È quella che si trova nel santuario nazionale di Nostra Signora del Monte, ad Anjara, una piccola città di 20mila abitanti, in larghissima parte musulmani, – i cristiani sono solo 1200 – nell’angolo nord della Giordania, non distante dal confine con la Siria, dove si sta consumando una delle più gravi tragedie umane dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Dal 2011 centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi, rifugiati e sfollati interni e un cancro, lo Stato Islamico, che divora dall’interno. Nei giorni scorsi la parrocchia è stata visitata da un gruppo di giornalisti della Fisc, la Federazione che riunisce i settimanali diocesani, partecipanti al viaggio Fisc-8×1000 “Senza frontiere”. In questo avamposto di misericordia si trova l’unica porta santa della Giordania. Nel santuario è venerata una statua della Madonna che il 6 maggio del 2010, secondo alcune testimonianze oculari, avrebbe pianto sangue. Lacrime che i fedeli locali credono provocate dalle sofferenze delle violenze e delle guerre nate anche sull’onda della primavera araba, che di lì a poco sarebbe scoppiata in Medio Oriente. Sono tanti i siriani arrivati fin qui per sfuggire alla guerra e che in questo santuario, e nella parrocchia attigua di Nostra Signora della Visitazione, hanno trovato rifugio e assistenza. Una piccola porta di misericordia aperta sul grande e generoso cuore della Giordania, paese di circa 7 milioni di abitanti, che oggi accoglie oltre un milione e mezzo tra rifugiati siriani e profughi iracheni. “Qui la comunità – dice il parroco padre Hugo Alvaniz, argentino, religioso della Famiglia Religiosa del Verbo Incarnato – è molto attiva e cerca di rispondere anche concretamente ai bisogni delle persone, non solo rifugiate. Abbiamo una scuola con oltre 200 alunni, cristiani e musulmani, un centro di assistenza medica e psicologica per disabili e le loro famiglie e un orfanotrofio che accoglie in totale 38 bambini, alcuni abbandonati a causa della povertà”. La zona non offre sbocchi lavorativi particolari e la maggior parte degli abitanti vive di agricoltura. Sono molte le famiglie che vivono con salari bassi. Sulle pareti della scuola ancora campeggia un enorme striscione che mostra la stretta di mano tra papa Francesco e il re Abdullah II di Giordania, memoria della storica visita del maggio del 2014. Nel piazzale gli studenti si ritrovano prima di entrare in classe, un grande vociare, cui fa da contrappunto il silenzio delle madri che portano i loro piccoli nella saletta dove è stato organizzato un presidio per disabili, in collaborazione con il centro “Nostra Signora della Pace” di Amman. I medici che si alternano cercano di fornire tutto il necessario anche alle famiglie della città e dei villaggi circostanti. I bisogni primari sono legati soprattutto all’udito e alla vista. La piccola città giordana, al confine con la Siria, ospita 1200 cristiani (su 20mila abitanti). Al loro fianco la fondazione Avsi e la Cei con i fondi dell’8×1000 In questo sforzo i cristiani locali non sono soli. Al loro fianco sono presenti la fondazione Avsi e la Cei che finanzia, con i fondi dell’8×1000 diversi progetti solidali. Come quello relativo al miglioramento dell’educazione e della protezione dei minori delle comunità locali e dei profughi siriani. Questo prevede 200 borse di studio per la scuola primaria e 100 per quella secondaria. Dal 2014 al 2017 sono stati stanziati dalla Cei 300mila euro. Il progetto è rivolto anche agli insegnanti, spiegano i due rappresentanti Avsi, il country manager Simon Su…

Condividi